Qualche settimana, fa scorrendo il news feed di FB, mi sono imbattuto in un articolo del Corriere della Sera che titolava a caratteri cubitali: “COME FA UN PULCINO A PESARE 4 KG?” (clicca QUI per visualizzare l’articolo), si parlava di allevamenti intensivi, avicoli.
Incuriosito ed interessato vado a leggermi l’articolo scritto dalla giornalista Orsola Riva che, riprendendo una “denuncia” esposta dal noto giornale Economist, pone l’attenzione sui fattori di crescita negli allevamenti avicoli, mettendo a confronto polli degli anni ’50 con i “moderni” e più pesanti e strutturati polli odierni.
Vi riporto una parte dell’articolo:
“…viene messa a confronto la taglia di un pollo di due mesi negli anni Cinquanta e oggi. Dal 1957 al 2005 il suo peso medio è passato da poco meno di un chilo (900 grammi) a 4,2 chili. Una mostruosità resa possibile dai sistemi di allevamento intensivi denunciati da Jonathan Coe già venticinque anni fa nel suo romanzo satirico La famiglia Winshaw. L’Economist ne descrive uno in particolare, nell’Essex, dove i polli, pigiati uno contro l’altro, siedono su montagne di escrementi che vengono ripulite solo al termine del ciclo, cioè quando vengono ammazzati. Ma così non rischiano di ammalarsi?…”
Allevamenti intensivi: una realtà prevista dalla Legge
Chi ci segue capisce bene che Economist e Corriere hanno scoperto l’acqua calda… Allevamenti di polli di tipo intensivo esistono già a partire dagli anni ’60 e sinceramente se questo può essere di aiuto ad entrambe le testate giornalistiche, possiamo star certi che esisteranno anche in futuro.
E questo perché, come già detto e ribadito diverse volte, gli allevamenti intensivi sono legittimi e previsti dalla Legge.
Ben vengano le denunce su eventuali maltrattamenti! Sono super favorevole alle inchieste giornalistiche che vogliono portare all’attenzione del pubblico queste pratiche, ma non dimentichiamoci mai, che questi allevamenti non sono nascosti, non sono associazioni carbonare…sono aziende che generalmente operano alla luce del sole con (RIPETO) Leggi che li tutelano!
Non voglio scendere in polemica su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, sapete bene che io ho fatto scelte OPPOSTE, ma debbo ammettere che quando una persona, un’azienda, rispetta la Legge, poi il modo di lavorare che adotta è affar suo e difficilmente censurabile…
Il Titolone ha come sappiamo lo scopo di incuriosire (o acchiappare click in certi casi)… ed evidenziare una notizia potenzialmente scandalosa, magari semplificando nel titolo, fa fare più visualizzazioni… (del resto anch’io qui sto contribuendo a questo traffico, ne sono consapevole)
Oltre al titolo, cosa resta al consumatore?
Resta però un punto cruciale…Cosa resta di questa informazione al consumatore?
Si perchè probabilmente se io leggessi l’articolo e non fossi informato, sicuramente l’ultima cosa al mondo che mangerei è la carne di pollo!
MA L’ALLEVAMENTO NON E’ TUTTO COSI’ (non ci sono solo gli allevamenti l’intensivi!)
In questo modo andiamo indiscriminatamente a colpire ed oscurare il gran lavoro (bello e buono! ) di quegli allevatori, che con sacrificio, dedizione, investimenti e con una renumerazione inferiore, hanno fatto altre scelte. Opposte rispetto all’intensivo.
C’è chi fa vivere e crescere i propri polli fuori all’aperto, al pascolo. Facendo in modo che il capannone diventi un ricovero notturno a difesa dei predatori e non l’abitazione fissa per tutta la vita dell’animale.
Sono metodi di gestione completamente diversi, con impiego maggiore di forza lavoro, personale che deve per forza essere formato perchè ci sono delle fasi che sembrano banali ma che sono molto delicate e che se compromesse possono influire in maniera drastica sulla salute del pollo…come tenere un pulcino al caldo ad una certa temperatura per un certo periodo di tempo, senza che prenda freddo…
Insomma, come sapete ci spendiamo quotidianamente per raccontare e dimostrare le DIFFERENZE tra modalità di allevamento.
Spesso purtroppo questi articoli raccontano SOLO UNA PARTE (seppur prevalente, lo sappiamo) di questo settore.
MA non sarebbe utile, dopo aver mostrato le criticità del metodo intensivo, scrivere o mostrare che un’ALTERNATIVA ESISTE?
Non andrebbe a beneficio del consumatore sapere che può con CONSAPEVOLEZZA fare una scelta nei suoi acquisti e nei suoi consumi in modo, magari, da influenzare il mercato?
Perchè di allevamenti in Italia che allevano in maniera non intensiva, esistono, ci sono, sono concreti e fanno un lavoro eccellente!
Per cui la prossima volta che leggete o capitate su servizi televisivi che mostrano solo il lato oscuro e brutto degli allevamenti, chiedetevi se esiste un’alternativa… Perchè sarete probabilmente sorpresi di scoprire che realtà diverse ci sono e magari non lontane da casa vostra!