Il movimento del Biologico nasce più o meno intorno agli anni 70, all’inizio era semi-sconosciuto al grande pubblico e lontanissimo dal livello di popolarità che conosce oggi.
Quando emergono nuove filosofie e tecniche produttive o si usano prodotti che prima non esistevano, si creano inevitabilmente due fazioni: chi abbraccia la nuova proposta e chi di rimane fermo nelle proprie idee.
Dinamiche che si osservano anche in agricoltura… nel momento in cui alcuni iniziano a seguire protocolli standardizzati di produzione, altri reagiscono ribadendo la bontà del loro metodo rimanendo fermi sulle loro idee.
Prima del BIOLOGICO: la strada del nonno…
Sicuramente prima degli anni ’70 la parola BIOLOGICO non era conosciuta.
La povertà era talmente diffusa che chi aveva il proprio podere, faticava anche solo ad immaginare di acquistare nuovi prodotti da spargere in campo. Si andava avanti come tramandato di generazione in generazione… era la strada tracciata dal nonno.
Il nonno ed il babbo erano i miei “eroi… sono quindi tuttora portato a considerare il “vecchio” metodo non come unico accettabile ma, nella sua semplicità mi sembrava (ed ancora mi sembra) in armonia con la natura.
Ma poi… era un metodo così sbagliato o antiquato?
La mia piccola campagna un tempo era circondata da canali e fossi che oltre a servire a delimitare e segnare i confini servivano ai terreni anche dal punto di vista micro faunistico.
I canneti ad esempio ospitavano quella microfauna utile a predare quelli che potevano essere gli infestanti della terra.
Oggi passando per la campagna vedo, sempre che ci siano, fossati puliti, senza traccia di canneti.
Chiaramente per chi deve massimizzare la produzione questi rigoli e questi scoli portano via spazio produttivo… in base a questa logica meglio dunque toglierli per avere più margine terreno da lavorare.
La zappa è stata sostituita dai trattori, il letame dai concimi già pronti e confezionati e va benissimo!
La tecnologia va avanti e in tanti casi aiuta ma ricordiamoci che: “Dimenticare come zappare la terra e curare il terreno significa dimenticare se stessi”. Ah si… questo non l’ha detto il nonno questo è Mahatma Gandhi! 🙂
il senso dell’ATTESA e dell’imperfezione
Proprio così… un tempo questo concetto era molto chiaro. Si cercava di fare le cose in modo semplice, in modo logico.
La vera differenza rispetto ad oggi era il senso dell’ATTESA. Occorreva pazientare che i cicli naturali senza forzature. E non c’era il culto (o l’esigenza merceologica) della perfezione, la frutta a volte era ammaccata, non perfetta, un po’ bucherellata, così come le insalate… alcune foglie erano mangiate, in altre ci trovavi le lumachine. Capitava, era NORMALE.
MA i gusti ed i profumi inebrianti di allora fatico a ritrovarli oggi!
Ciò che si portava sulla tavola perlomeno a casa mia, era BIOLOGICO nei fatti, ma dubito che il nonno sapesse che quello che andava a prendere nell’orto, per il pranzo o la cena, fosse BIO per come lo intendiamo adesso… non sottostava a protocolli e non c’erano enti a certificare.
Oggi ormai troviamo sempre tutto ed in tutte le stagioni. Forse un tempo le cose erano più buone perché si aspettava LA STAGIONE GIUSTA per avere una zucchina, una melanzana, così come un cavolo o una verza. Quella romantica attesa segnata dalle stagioni, dal loro cambio di temperatura, di luce, di colori.
Oggi ci sono le primizie, grazie alle serre riusciamo ad avere quasi tutto quasi sempre. Ma diciamoci la verità, ogni essere vivente ha bisogno di luce, sole, tempo! Quelle coltivazioni fatte sotto teli di nylon, forse si avvicinano ai profumi ai gusti di un ortaggio fatto nella sua stagione, ma non sono la stessa cosa!
E del resto…forse non è la stessa cosa per noi umani?
I nostri contadini i nostri nonni di un tempo VIVEVANO LA LUCE DEL SOLE, la brezza del vento, il cambio delle stagioni. VIVEVANO IL LORO RACCOLTO dalla semina alla cura dei campi al raccolto… si… sembra un discorso romanzato, ma era la realtà. Era la normalità del vivere la campagna, non solo stando su un trattore, ma condividendo sforzi e fatiche.
Forse inconsapevolmente anche i nostri agricoltori erano pionieri del BIOLOGICO.
Il rispetto per l’agricoltore
Alla luce delle nuove sensibilità, i poveri agricoltori di quel tempo hanno avuto solo una colpa… quella di essere nati “prima”.
Si perché pensate quanto più e meglio sarebbe pagato il loro lavoro con l’etichetta BIO!
Eppure a quei tempi seppur caratterizzati, come detto, da grande povertà, il loro lavoro era comunque considerato con maggiore equità e rispetto.
Oggi spesso l’agricoltore non viene pagato per quello che fa e vediamo sempre più spesso coltivazioni non raccolte come frutta, perchè il prezzo che viene concesso è più basso del costo sostenuto per la produzione.
Questo è RISPETTO? Questo è il VALORE che diamo al cibo? Questa è tutela di prodotto?
Inseguiamo le produzioni di qualità ma ricerchiamo sempre e solo il prezzo più basso! Ma così NON si tutela lo sforzo, il sacrificio di produrre con etica e professionalità!
Forse dovremo riflettere su questo e tutelare i nostri agricoltori, come quelli di un tempo, valorizzando il loro lavoro, il loro sacrificio e mettendoci nella testa che costoro sono i custodi della TERRA. La stessa TERRA che ci permette di stare su questo pianeta e sfamarci. SENZA terra non saremmo nulla e senza agricoltura… peggio!