Sono rimasto affascinato da un concetto espresso da Carlo Petrini, fondatore e presidente di Slow Food. Durante un intervento pubblico faceva notare come sembri ormai normale non interrogarsi veramente sul valore di alcuni oggetti (ad esempio una cintura di Louis Vuitton o Armani o di altre marche famose) mentre più frequentemente ci concentriamo solo sul prezzo quando acquistiamo cibo, nell’obiettivo pur legittimo di risparmiare qualche centesimo sulla spesa.
La cosa strana è che la cintura è un complemento che portiamo all’esterno del nostro corpo, mentre il cibo è un qualcosa che va all’interno, ci nutre, ci sfama, aiuta il nostro corpo la nostra mente, insomma è la nostra benzina.
Prendiamo ad esempio proprio l’automobile, quando facciamo un cambio olio motore paghiamo senza troppi problemi 35 o 45 Euro, ma quando si tratta di acquistare l’olio per la nostra tavola giudichiamo “caro” l’extravergine…
il valore del cibo è il valore di una storia con più protagonisti
Il cibo in sè è portatore di una “storia di filiera” e il suo valore cresce e dipende economicamente da più fattori: dalla produzione, che a volte è limitata, dal sacrificio dell’allevatore o del contadino (anch’essi sono professionisti e devono essere riconosciuti come tali), dalla quantità che a volte non soddisfa la domanda, ecc. ecc…
Mi sorprendo sempre nel constatare quanta poca attenzione riserviamo al valore , alla qualità degli alimenti, di quanto poco tempo dedichiamo a comprendere ciò che ci nutre, ci tiene in vita ed influisce sulla qualità della vita stessa.
Questo scarso interesse ed attenzione porta ad un deprezzamento del valore del cibo, del suo valore intrinseco e del lavoro che ci sta dietro.
Ci sono aziende che per farsi conoscere entrano nelle grandi distribuzioni organizzate… ma alla fine chi parlerà mai del loro prodotto? Chi spiegherà al consumatore caratteristiche e storia di quella produzione, le materie prime, il lavoro, la ricerca, la passione???
Come raccontiamo le produzioni d’eccellenza? GDO o negozio specializzato?
Un alimento offerto in un negozio specializzato ha più probabilità di essere valorizzato e raccontato per quella che è la sua storia, la sua produzione, aneddoti che possono rendere particolare ed unico quel prodotto.
Il prodotto diventa l’orgoglio del negoziante, perchè l’ha cercato, l’ha voluto, perchè rispecchia i suoi valori, perchè lo ritiene valido per lui e per i suoi stessi clienti, senza contare naturalmente che lo pagherà per il suo giusto valore.
Quante di queste motivazioni ci vengono trasmesse dallo stesso prodotto sullo scaffale della GDO? Provate a fermare un addetto di un supermercato interrogandolo su caratteristiche, storia e le particolarità.
Le quantità acquistate da una grande distribuzione sono maggiori rispetto ad un negoziante ma è anche vero che il prezzo sarà di gran lunga inferiore. Quindi a conti fatti vendiamo più prodotto ma ad un prezzo inferiore e che non viene valorizzato ma sta li fermo su uno scaffale. Sicuri che ne valga sempre la pena?
Stessa cosa poi avviene nei ristoranti, sento spesso mille domande sul vino in carta… Chi è il produttore? DI che zona è? É biologico o biodinamico? Com’è il perlage? Ecc…
Quando poi scegliamo il secondo che può essere, carne, pesce o verdura, non sento mai nessuno che si interessi per capire l’origine della materia prima… chi la fa?, E’ un’azienda agricola nelle vicinanze?
No, niente di niente … si mangia e via!
Fortunatamente, vi sono aziende che, tra mille sacrifici, ci tengono a tenere una certa linea e ci sono ristoratori meticolosi che fanno ricerca, fatta di passione e sacrificio e senza che voi facciate domande, saranno loro a raccontarvi il prodotto, la materia prima e la provenienza ed avvertirete il loro orgoglio nel proporvi una filiera d’eccellenza.
Che dire… magari ai prossimi acquisti valutiamo se acquistare qualche cintura in più nei banchi al mercato e riserviamo qualcuno degli euro risparmiati investendoli per alimenti di qualità.