Oggi il blog, ospita l’intervista ad una persona di grande spessore umano e culturale. Una professionista che ha saputo trasformare una realtà editoriale familiare in una rivista di indiscusso successo nel campo alimentare e non. Elena Benedetti non è solamente la direttrice della rivista mensile Eurocarni, è soprattutto un’appassionata scopritrice di piccole realtà ed eccellenze italiane. Pronta a raccontare ogni piccola innovazione, ogni singola novità nel complesso mondo carne: dall’allevamento alla trasformazione fino alla piccola bottega, porta alla luce anche esperienze imprenditoriali semi-sconosciute ma allo stesso tempo patrimonio immenso di cultura e tradizione.
Eurocarni è un mensile che puntuale ogni mese dal 1986 viene distribuito e letto dagli operatori della filiera delle carni in Italia ed in parte anche in Europa ed extra UE. E’ una rivista “di filiera” che racconta il mondo delle carni, tutte le carni – dal bovino, al suino, avicunicolo, equino, fino alle carni esotiche – dalla macellazione al punto vendita, con focus marginali ma mirati anche sulla zootecnia.
Ciao Elena e benvenuta sul blog. Ci potresti descrivere un po’ chi sei e come è nata la tua avventura quale direttrice di Eurocarni?
GRAZIE innanzitutto per l’invito, graditissimo! Io mi sono ritrovata nella Redazione di Eurocarni (e di altre Testate dell’agroalimentare) nel 2000, in quella che era la casa editrice di famiglia che mio padre Onelio fondò nel 1984. Dopo una laurea in Economia e alcuni anni trascorsi in Ferrari a rincorrere clienti e concessionari, pensai che sarebbe stato un vero peccato non dare una chance a questa attività paterna di proseguire il cammino. Per farla crescere e svilupparla in una nuova fase, quella digitale e del mondo web.
Da quanto ti occupi di scrivere di carne e macelleria?
Ho iniziato quindi nel 2000, pian piano, girando molto e imparando a conoscere gli operatori, dai macellatori, ai trasformatori fino ai macellai e distributori. Il mondo della carne è molto chiuso, molto maschile.
Cosa del mondo della macelleria ti piace?
La carne è un alimento prezioso per la nostra salute, da trattare con grande rispetto. Io voglio sapere cosa mangio, come è stata allevata la carne, che razza è, quali sono i suoi benefici e nutrimenti e come devo cucinarla per non sprecarla. Ecco, il macellaio è mio il tramite con questo tipo di esperienza. E’ colui o colei che mi dà un servizio, mi fa spendere bene i soldi, mi guida e mi rende partecipe di un’esperienza, sia essa un semplice etto di crudo o un burger o un taglio importante per un’occasione speciale.
Quali trasformazioni, sempre che ci siano state, hai notato nei tuoi anni di esperienza?
Più che trasformazioni direi rivoluzioni! A metà degli anni ’80 la Distribuzione Organizzata e la GDO hanno sviluppato un modello di ipermercati e supermercati di grandi superfici nei quali il consumatore ha iniziato a trovare tutto già porzionato, in vaschetta, nel libero servizio pronto da pagare in cassa. Questa rivoluzione negli acquisti ha coinciso con un maggiore benessere, un’idea di spesa in queste gigantesche cattedrali del consumo, spesso e volentieri costruite nelle periferie, che si proponevano come le nuove cittadelle. Con la conseguente chiusura delle piccole botteghe. Poi è arrivata la lunga crisi economica e anche questo modello delle ampie metrature è entrato in crisi.
L’altro grande cambiamento è stato la crescente disaffezione del consumatore verso il prodotto carne, oggetto di attacchi mediatici fuori controllo e davvero ingiustificati che hanno minato la fiducia di chi la carne la comprava per la propria famiglia e la mangiava.
Cosa vorresti cambiare o comunque che si trasformasse nel mondo della macelleria moderna?
Io vorrei che il macellaio smettesse di lamentarsi e si desse da fare di più, migliorando, imparando cose nuove, evolvendo verso un servizio più completo volto a fidelizzare la sua clientela e a catturarne di nuova! Ci dicono che il mondo è diventato un’entità instabile? Diamoci da fare per intercettare i trend, studiamo, proviamo e sperimentiamo. Questo vale per me nell’editoria ma anche per i maestri macellai.
Come vedi la trasformazione della macelleria nei preparati pronto cuoci?
Sinceramente e personalmente non amo molto i preparati di carne troppo… “elaborati”. Preferisco soluzioni più semplici e naturali, con pochi e, soprattutto, chiari ingredienti, facili da cuocere, come i burger, gli involtini, gli arrosti semplici. Non amo i pronto cuoci spericolati, i cigni di carne che si schiantano subito in padella o quelle torte di carne che perdono il senso del prodotto.
Girando l’Italia, quali sono le diversità nel mondo macelleria?
La carne è un comun denominatore nella tradizione culinaria del nostro Paese e attraverso di esso ogni territorio esalta i propri piatti. Pensiamo alla carne di cavallo nel Sud Italia o all’agnello, che invece in Emilia si mangia solo a Pasqua. E ancora alla bistecca Fiorentina, alla selvaggina in montagna, alle bracerie pugliesi e al porcheddu sardo. E poi le analisi di mercato ci dicono che al Sud ci sono più macellerie rispetto al Nord data la minore propensione a far la spesa nel canale della GDO.
Come vedi il nostro mondo, unito, coeso o destrutturato?
Destrutturato a dir poco, come tutta la filiera delle carni in Italia, ma anche capace di profonde e meravigliose alleanze. I macellai hanno iniziato a “fare rete”, vuoi per raccogliere fondi per beneficenza (come nel caso dei Butchers for Children, l’associazione di macellai che sostengono progetti per l’infanzia creata da Dario Cecchini in quel di Panzano in Chianti, FI), vuoi per condividere una visione comune di professionalità e crescita come AIMA, vuoi per formarsi e innovarsi come il gruppo di Passione Preparati di Francesca Santin.
Quali sono secondo te le trasformazioni più rilevanti odierne?
La macelleria ha spalancato le porte alla sua clientela offrendo il prodotto carne anche in altre modalità, che possono essere un brunch, un aperitivo, una cena. C’è anche più attenzione da parte del maestro macellaio a raccontare il prodotto.
E’ rilevante per una macelleria buttarsi sulla ristorazione?
Se la tipologia del locale lo consente (in termini di ubicazione, specifiche del locale, tipologia di clientela, accessibilità agli investimenti) perché no? Ristorazione potrebbe essere tante cose: qualche serata a tema in macelleria, eventi carnivori mirati magari in collaborazione con altre aziende locali, un aperitivo ogni tanto, dei panini buoni preparati a regola d’arte, degli hamburger speciali.
Girando il mondo che differenze noti negli altri paesi? C’è più unione di categoria? Più complicità? E se si come mai questo non avviene in Italia?
Nel Centro e Nord Europa le macellerie sono mosche bianche in quanto la GDO la fa da padrona. Le botteghe sono quindi delle belle boutique di carne, orientate verso un cliente di fascia alta, con maggior propensione alla spesa e con un’ottima offerta di prodotti. In Francia la boucherie ha spesso anche l’angolo del girarrosto. In generale al di fuori dell’Italia non si vedono molti preparati, fatto salvo per qualche hamburger o spiedino.
Per quanto riguarda la coesione, sì, all’estero le filiere delle carni sono più organizzate e coese. In Francia l’Interprofessione ad esempio è una potenza. Basti pensare che ogni anno organizza un grande evento che spalanca le porte di macelli, laboratori, macellerie. Una specie di “cantine aperte” della filiera delle carni. Bellissimo!
Ci viene detto che la figura del macellaio in America viene visto come il “Cracco” del nostro paese, è proprio così?
Sì! Il macellaio negli USA è un personaggio che fa tendenza, abbastanza giovane, dall’aria un po’ “scapestrata”, con la mannaia in mano e il grembiule di cuoio, barbuto, tatuato e un po’ hipster. La stragrande maggioranza della carne viene acquistata nei supermercati e in macelleria si va a fare pochi acquisti e soprattutto a mangiare un hotdog o un burger, oppure a fare un corso di disosso. Questa mitizzazione è data dal web, dalla presenza di alcuni butcher molto conosciuti, e dal fatto che la carne, negli Stati Uniti, registra un consumo procapite molto elevato, pari a 120 kg / anno (rispetto ai 79 kg /anno dell’Italia – dati Censis).
E secondo te perché viene data questa importanza al macellaio, mentre in Italia molto meno
Perché il macellaio negli USA è quasi uno sconosciuto! Gli americani non hanno l’idea della vecchia bottega delle carni che abbiamo noi, fredda e spoglia col banco carni di marmo e un signore col camice bianco che preparava le svizzere. Loro questa reminiscenza non ce l’hanno semplicemente perché quel tipo di bottega loro non l’hanno mai vista.
Sull’onda di alcuni personaggi che hanno saputo attirare l’attenzione in termini di immagine e professionalità, tra libri, tv e social, tutta la categoria dei macellai americani ne ha tratto beneficio. E poi in USA c’è anche il trend barbecue che fa molto tendenza e che si collega bene all’immagine del butcher.
La rivista si occupa non solo di macelleria ma anche di allevamenti, hai visto cambiamenti e trasformazioni negli anni anche in questo settore?
Tantissimi! E in tutta Europa. Oggi si lavora moltissimo per migliorare il benessere animale in un’ottica di sistema alimentare sempre più sostenibile.
Cosa pensi dei programmi televisivi che fanno vedere e denunciano allevamenti intensivi?
Penso che se la messa in onda fosse fatta per denunciare comportamenti illeciti sarei la prima a dare sostegno al loro operato. Chi non rispetta le regole in zootecnia deve uscire dal mercato. Punto. Purtroppo c’è sempre una forma di comunicazione deformata e manipolata che non fa altro che confondere ancor di più le idee nei consumatori.
Fanno bene o male alla categoria?
Fanno malissimo alla categoria. Perché la categoria non sa rispondere a questi attacchi. In Italia non c’è una voce unica. La frammentazione della filiera si ripropone anche qui.
Pensi che possano ledere o fare bene a chi lavora in modo etico e in benessere animale?
Io penso che questo tipo di programmi abbia il solo obiettivo di screditare il mondo delle carni senza comunicare in modo corretto.
Cosa pensi del momento odierno della grande distribuzione, sta forse facendo un passo indietro?
In GDO le grandi superfici sono state messe in discussione e si sta studiano un modello più piccolo, incentrato sulla qualità, sui prodotti bio e di filiera corta. Penso che questo passaggio sia in linea con quanto vogliono oggi i consumatori. Comprare meno, mangiare meglio, spendere il giusto.
Quali sono i suggerimenti che ti senti di dire ad una macelleria che vorrebbe cambiare passo e trasformarsi?
Io inizierei a comunicare meglio i miei valori e i miei punti di forza. Comprerei delle grandi lavagne e chiederei a qualche bravo illustratore di fare dei bei disegni di tagli e animali. Scriverei ricette da regalare ai clienti, lavorerei sui social per costruire una mia immagine, farei corsi per innovarmi, sperimenterei, proverei a fare cose nuove. Parlerei con la clientela per capire cosa vogliono e oggi non trovano. Mi guarderei intorno. Cercherei prodotti nuovi e inizierei un nuovo racconto con chi mi sta intorno.
Quali secondo te, sempre che ci siano, saranno le trasformazioni più rilevanti nei prossimi anni?
Secondo me si tornerà alla semplicità in macelleria e alla somministrazione di alimenti, magari anche cose piccole ma che renderanno la bottega più “mossa” e dinamica. Si parlerà più di filiera e di comunità. Si racconteranno le razze, le storie degli allevatori, si andrà tutti insieme in stalla, si venderanno valori importanti e si creerà una maggiore coesione con la propria clientela! Si faranno consegne a domicilio e magari qualche ordine sarà evaso anche attraverso una app su smartphone. Si lavorerà parecchio con i ristoranti, si faranno tanti corsi, molte lezioni agli chef e alla clientela, per diminuire gli sprechi e valorizzare il prodotto.
Cosa ti senti di dire in conclusione al popolo della macelleria italiana e del mondo dell’allevamento in generale?
Che per sopravvivere oggi è bene smetterla di criticare gli altri, soprattutto quelli che si danno da fare, ed è bene iniziare a innovarsi. Senza aspettare un minuto di più! Questo vale per tutti noi.
Concludo con un’osservazione: la carne è e resta un’indiscussa presenza sulle tavole degli italiani. Essa è alla base della nostra tradizione gastronomica. E questo è un dato di fatto. Oggi i ristoranti “carnivori” tipo hamburgerie, grill e barbecue stanno vivendo una fase di crescita. Ciò significa che il consumatore fuori casa mangia volentieri le proteine animali. Bene, troviamo le chiavi per attrarlo nuovamente in bottega, offrendogli prodotti innovativi e un servizio di qualità. E magari anche un buon aperitivo o un buon burger , fosse anche solo un panino buono con un calice di vino.
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Grazie mille Elena per il tuo contributo!! Sicuramente la tua figura è un punto di riferimento importante per il settore, soprattutto perché hai una situazione generale sempre ben monitorata ed una indiscussa curiosità che ti porta a farci conoscere ogni novità, saper cogliere i tuoi sggerimenti e contributi sta in noi…
Estremamente reale in alcuni passaggi, estremamente sognatrice in altri… la professione del macellaio è varia a seconda della zona dove si “opera”, l’Italia è un paese “lungo” geograficamente parlando.
In Lombardia non consumano come in Puglia, e in Sicilia si mangia diversamente che in Piemonte…. voglio dire che un discorso “generico” non può andare bene.
Un conto è scrivere un’articolo, un’altro è operare nel settore!! Un cordiale saluto da un’operatore qualsiasi del settore ????
Buon giorno Antonio, l’articolo intervista fatta ad Elena non è una lezione di consumismo o di macelleria, ma bensì un punto di vista di una persona che oltre all’Italia gira il mondo della macelleria. Credo che Elena Benedetti sia la prima a sapere quali sono le diverse variazioni geografiche, ma comunque al di là delle evidenti differenze di consumi, i problemi generici di una macelleria o le tendenze sono le medesime in tutta Italia. Io personalmente ho risolto problemi grazie a colleghi Siciliani e Trentini che prima di me avevano vissuto una la mia stessa situazione. E’ l’aggregazione del settore che manca e non i diversi consumi nelle varie regioni. Grazie del tuo intervento. Lorenzo