Questa settimana parliamo di frollatura della carne. Si tratta di un tema molto complesso, talvolta travisato, a volte insidioso…
PRE-definire un numero costante di giorni da dedicare alla frollatura, indipendentemente dalla tipologia di a
nimale, può condurre a clamorosi errori. Le condizioni di una frollatura dipendono tanto, ad esempio, da quanto è stato fatto precedentemente in allevamento.
Dividerò questo tema così delicato in due parti.
La prima è dedicata al consumatore, con le indicazioni generali utili a comprendere di cosa stiamo parlando.
LA seconda parte è dedicata agli “addetti ai lavori”, ci occuperemo non tanto delle tecniche per una corretta frollatura quanto piuttosto dei processi chimici che subisce la carne durante questa fase.
Parte PRIMA: La frollatura, così ed a cosa serve
La carne di un animale appena macellato in genere è poco edibile perché è tenace ed ha poco sapore.
La frollatura è un periodo di tempo variabile durante il quale la carne deve riposare in condizioni opportune di temperatura ed umidità per acquisire morbidezza e sviluppare sapori e profumi.
Questo tempo è, appunto, variabile dipende dall’animale macellato.
In genere è compito del macellaio assicurare alle carni questo tempo di riposo, modulando la durata in base alle reazioni della carne stessa.
Sicuramente, durante questa “pausa” la carne in corso di frollatura perderà acqua e quindi PESO. Ecco perché la grande distribuzione evita accuratamente questo processo, il che si traduce in carni più acquose (lo si vede alla “prova padella”).
Durante la frollatura le fibre muscolari si distendono, iniziano processi chimici che portano ad una maggiore tenerezza della carne e ad un sapore più spiccato.
Parte SECONDA, approfondimento: per i professionisti o per chi ne vuol sapere di più
Per capire quali sono i fenomeni che si svolgono durante la frollatura, prima è necessario fornire alcune informazioni introduttive che sono propedeutiche alla comprensione dei fenomeni.
La carne non è altro che la massa muscolare di un animale; essa è costituita da fibre muscolari lunghe, allineate e avvolte in membrane di collagene che è un tessuto connettivo; il muscolo è poi agganciato alle ossa, che deve muovere, con i tendini che sono costituiti da elastina, un altro tipo di tessuto connettivo.
Le fibre muscolari sono costituite da proteine a catena lunga di due tipi: l’actina e la miosina; queste proteine, in presenza di opportuni segnali elettrici trasportati dai nervi, sono capaci di contrarsi accorciandosi attraverso uno scivolamento della miosina sulla actina, per poi ritornare nelle condizioni iniziali quando il segnale elettrico si annulla.
Queste contrazioni, ovviamente richiedono energia che deriva come risultato di reazioni chimiche. Il mediatore diretto che fornisce l’energia alle fibre muscolari per contrarsi è un nucleotide: ATP (adenosina trifosfato) che si degrada a ADP (adenosina bifosfato) producendo energia.
Successivamente le molecole di ADP si ritrasformano in ATP consumando energia.
Questa energia può essere ricavata in ambiente aerobico bruciando zuccheri e, quando la à di questi ultimi è terminata, bruciando grassi; oppure la ricostituzione dell’ATP può avvenire in ambiente anaerobico mediante la scomposizione del glicogeno, un polisaccaride, in zuccheri semplici.
Queste due diverse reazioni di ricostituzione dell’ATP avvengono in due tipi di fibre muscolari differenti: le fibre lente e le fibre veloci. In realtà le fibre muscolari sono di quattro tipi differenti, perché esistono anche due tipi di fibre con caratteristiche intermedie, ma per semplicità di analisi consideriamo solo le due estreme.
Fibre muscolari: lente e veloci
Le fibre muscolari dette lente ricavano energia dal processo di ossidazione di zuccheri e grassi, quindi per il loro funzionamento necessitano di presenza di ossigeno.
La caratteristica di queste fibre, come dice il loro nome, è che sono lente a rispondere allo stimolo elettrico di comando, ma sono capaci di resistere lungamente in condizioni di contrazione e sono capaci di effettuare lavoro anche intenso. L’ossigeno necessario allo sforzo viene trasportato alle fibre muscolari dal sistema dei capillari arteriosi che irrora il muscolo.
Se, però lo sforzo richiesto è molto intenso e l’apporto di ossigeno del sistema arterioso non è sufficiente a fornire l’energia necessaria, le fibre muscolari hanno la possibilità di attingere ossigeno da un’altra proteina presente nei muscoli: la mioglobina.
Questa proteina ha la capacità di fissare l’ossigeno durante le fasi di riposo del muscolo per poi restituirlo durante le fasi di sforzo intenso: funziona un po’ come le cellule della emoglobina del sangue e come la emoglobina, questa proteina è rossa di colore molto intenso quando ha ossigeno legato e più rosata quando non ha ossigeno legato.
Come conseguenza la carne è tanto più rossa quanto più alta è la presenza di mioglobina e quanto più il muscolo è rilassato.
Le fibre muscolari dette veloci ricavano la energia necessaria alla contrazione scindendo il glicogeno, che è presente nei fasci muscolari ed è fornito dal fegato.
Il glicogeno è un polisaccaride, cioè uno zucchero complesso che in presenza di particolari enzimi viene scisso in glucosio con liberazione di energia.
Questo tipo di fibre muscolari, quindi funziona senza consumare ossigeno, cioè in condizioni anaerobiche.
La caratteristica di queste fibre muscolari è che rispondono istantaneamente alle sollecitazioni nervose, sono capaci di sforzi molto intensi, però non hanno la capacità di prolungare molto nel tempo lo stato di contrazione perché ben presto il glicogeno che le alimenta termina.
Poiché queste fibre muscolari non contengono mioglobina sono di colore bianco.
Il colore della carne dipende quindi dalla ripartizione in ciascun muscolo fra fibre veloci e fibre lente e nell’ambito delle fibre lente dal quantitativo di mioglobina presente.
I muscoli che lavorano con maggiore continuità e con maggiore sforzo sono più rossi perché il maggiore lavoro svolto con continuità stimola l’arricchimento del muscolo con mioglobina.
Ad esempio negli avicoli da cortile che camminano e non volano la carne delle cosce è più rossa di quella del petto;
invece negli avicoli da cacciagione la carne del petto è estremamente rossa.
Altro esempio: nel vitello da latte di qualche mese che ha appena iniziato a camminare la carne è chiara, mentre nel manzo di tre anni abituato a camminare e lavorare la carne è rossa.
I pesci, invece, che non posseggono muscoli posturali, perché sorretti dalla spinta di Archimede, hanno solo fibre muscolari veloci atte al nuoto ed agli improvvisi cambi di direzione in acqua e quindi sono a carne molto chiara o bianca.
Cosa accade nei muscoli quando l’animale viene macellato?
Quando l’animale viene macellato le attività metaboliche muscolari non si interrompono immediatamente, ma continuano utilizzando le riserve energetiche accumulate nei muscoli stessi.
L’attività delle fibre veloci continua finchè vi è glicogeno nei muscoli perché non hanno necessità di ossigeno, mentre l’attività delle fibre lente, non ricevendo più ossigeno dal sistema circolatorio, continua finchè vi è ossigeno accumulato nella mioglobina.
Nel caso delle fibre veloci l’attività dura poco perché poco è il glicogeno accumulato nei muscoli, mentre nel caso delle fibre lente questo periodo dipende dal quantitativo di mioglobina contenuto nel muscolo e dal quantitativo di ossigeno legato alla mioglobina.
Di conseguenza la durata del periodo di attività dei muscoli sarà minima nelle carni bianche (pesci), breve nelle carni chiare e maggiore nelle carni scure; inoltre tale durata dipenderà anche dallo stato dell’animale al momento della macellazione: se l’animale è riposato e rilassato i suoi muscoli avranno le molecole di mioglobina legate a molto ossigeno, se, invece, l’animale è stanco e stressato, le molecole di mioglobina avranno poco ossigeno legato.
L’acido lattico
L’attività muscolare provoca la produzione di acido lattico. Quando l’animale è in vita l’acido lattico che si forma viene portato via dal sistema circolatorio; nell’animale morto questo non avviene e l’acido lattico si accumula nei muscoli portando gli stessi alla rigidità (rigor mortis).
In effetti quando il muscolo, per l’esaurimento delle fonti energetiche, comincia ad andare in carenza di ATP le fibre di miosina e di actina si legano fra loro indissolubilmente portando a quell’irrigidimento muscolare che va sotto il nome di rigor mortis.
L’acido lattico che si accumula nei muscoli, però, a lungo andare ha una serie di effetti benefici sulla carne ai fini del consumo.
- L’ambiente acido favorisce la denaturazione sia delle proteine del muscolo stesso che di quelle dei tessuti connettivi; ne consegue che la carne diventa più tenera.
- L’ambiente acido favorisce la frammentazione delle proteine del muscolo in molecole più piccole a cura di appositi enzimi: ne consegue un aumento degli aromi della carne perché le molecole più leggere sono più aromatiche.
- L’ambiente acido ha anche l’effetto di inibire lo sviluppo della flora batterica: ne consegue un aumento del tempo di conservabilità
Da quanto sopra se ne deduce che quanto più una carne è rossa, tanto maggiore sarà l’accumulo di acido lattico e tanto più sarà intenso e lungo il processo di irrigidimento muscolare post mortem e tanto più lungo dovrà essere il processo di frollatura per rendere le carni tenere e profumate.
Il processo di frollatura per essere efficiente, deve avvenire in condizione di bassa temperatura (0 – 4°) per rallentare i processi di proliferazione batterica ed in ambiente umido per favorire le reazioni chimiche di degradazione delle proteine.
Ad esempio per manzi di 4 anni di età è necessario arrivare anche ad un mese di frollatura.
Per ottenere una carne tenera e profumata è, però, anche necessario che l’animale, al momento della macellazione sia riposato e sereno, altrimenti le riserve di ossigeno sono scarse, la produzione di acido lattico è limitata ed il processo di frollatura inefficiente.
Buon giorno Lorenzo,
l’articolo è molto interessante, dettagliato e allo stesso tempo tecnico. Vorrei chiedere informazioni in merito al valore nutrizionale della carne a lunga frollatura, se ci sono dei rischi nel consumo a crudo o con cotture brevi. La frollatura lunga potrebbe essere una via per nascondere eventuale carne allevata in modo non appropriato ?
grazie mille per l’attenzione
BUon giorno Elisa. Ti rispondo per gradi. Per quanto riguarda il valore nutrizionale è inferiore. La carne molto frollata in parte è “denaturata” e perde di proprietà nutritive rispetto ad una carne fresca o poco frollata. Per quando riguarda il consumo crudo o poco cotto, non ci sono rischi, purchè si osservino le regole della buona igiene e del freddo. La frollatura lunga non può nascondere carne allevata in malomodo, anzi il contrario. Una carne allevata male non riesce a sostenere lunghe frollature.
Grazie
Lorenzo
Pingback: Il Mito della Frollatura Sottovuoto - il blog di Lorenzo Rizzieri
non ho mai capito bene dove finisce la frollatura ed inizia il marcio. ok, oggi frolliamo da 0 a 4 gradi. ma quando non c’erano le celle frigo? i mongoli la facevano frollare sotto la sella del cavallo, in nord europa (islanda?) attaccano squali a fare asciugare e pare abbiano un odore di ammoniaca (inizio degenerazione composti azotati) che tuttavia non risulta tossico mentre ce ne si ciba. dove inizia la tossicità della decomposizione e dove invece la carne frolla e prende gusto senza essere tossica?
Buona sera, rispondo per gradi. Quando non vi erano celle frigo la carne non veniva frollata ma lasciata in scolo dal sangue e consumata nel breve. Attenzione perché erano altri tempi, poco interessava del tenero, del colore o del pezzo di filetto o di fesa, l’interesse primario era cibarsi. I primi esempi di frollatura si hanno con l’introduzione del ghiaccio, primo elemento che faceva si di portare a giorni e settimane in più, ed è stata una delle prime rivoluzioni ancor prima dei frigoriferi. L’inizio delle macerazione della carne e dell’intossicazione deriva da molti fattori, tra i primi sicuramente la temperatura. L’acqua di pozzo e dei torrenti di montagna è sempre stata utile per mantenere la carne senza che i processi di putrefazione avessero inizio. Nelle regioni o continenti più caldi la carne è sempre stata o consumata nel breve o cotta tramite fiamma o affumicata, sempre per fermare i processi di putrescenza. L’ammoniaca è uno dei primi segni di evitare il consumo di carne e comunque la certezza è sempre data dal controllo del PH. Per quanto riguarda frollare la carne sotto la sella non lo ritengo esatto, perché sotto la sella dei cavalli la carne veniva messa per intenerirla, concetto diverso dal frollare.
Grazie
Distinti saluti
grazie! sintetico ma esauriente e tecnico!
Buonasera Sig. Lorenzo
durante la frollatura adesso ci sono dei maturatori che ossigenano la camera frigo e utile…?
può darmi un consiglio su quale azinda produce maturatori per carni……?
Grazie
Buona sera Claudio,
si in commercio esistono delle celle di maturazione. Solimentamente l’azienda produce la cella nella quale mettere la carne e in alcuni casi esistono tecniche per mettere umidità all’interno della cella, sempre ammesso che ce ne sia la necessità. Ho avuto e ho casi in cui celle, senza bisogno di niente, fanno maturazioni perfette, altre costruite meno, ma comunque diciamo che il prodotto finito (la cella) da buoni risultati. Sul mercato esiste il MaturMeat che può trovare tranquillimente in Internet, oppure ICS di Modena.
UN saluto
Lorenzo Rizzieri
Ciao Lorenzo sei quello che vorrei essere permetti una domanda secondo te potrei utilizzare una piccola armadio frigo dove stagiono i salami e magari che temperatura grazie anticipatamente
Ciao Michele. Se intendi frollare la carne all’interno di un armadio frigo adibito per la stagionatura, la risposta è no. Le impostazioni e i principi di funzionamento degli armadi di stagionatura sono ben diverse da quelli di frollature, non tanto come temperature di umidità o temperatura ma essenzialmente come principio maturativo. Se poi è ventilato ancora peggio. Consiglio se vuoi fare una prova con un pezzo molto piccolo e da tenere giornalmente monitorato per valutare le evoluzioni, ma sarà un impresa assai difficile.
Grazie
Ciao
LOrenzo
Buonasera Lorenzo, una domanda. Cisa intendi per umidificazione? Mi è chiaro che la tdmperatura debba essere tra 0 e 4 gradi, ma come umidifico l’ambiente? Perdona la domanda, per i più sará forse stupida…
Ciao Stefano, niente è stupido se non si conosce la risposta. L’umidificazione in una cella per frollatura puoi farla in due modi. Naturalmente devi avere un umidostato che ti segnala il grado di umidità. Poi se la cella non è grande e dentro diventa abbastanza piena, già la carne di per se crea umidità e a volta la stessa è sufficiente. Se questo non basta, ci sono veri e propri impianti atti ad immettere umidità all’interno dell’ambiente.
Grazie
Ciao
Lorenzo
Salve Lorenzo ,
Complimenti !! Allora la domanda è questa ,
Essendo un appassionato di bbq e ovviamente di carne, tecniche di cottura ….. vorrei sapere se ,visto i costi elevelati di quelli in commercio, è possibile costruirsi una cella per frollature partendo da un semplice frigorifero e modificandolo aggiungendo impianto di umidificazione,
Ventilazione e eventualmente anche una lampada uvc. Nel caso volessi cimentarmi, per capire se la carne è andata a male o sta maturando nella giusta maniera , basta misurare il ph?? Grazie mille per la risposta
Ciao Salvatore, allora in teoria si potrebbe fare, anche se trovo come primo problema il motore del frigo che non garantisce una temperatura vicino allo zero. Prim di installare un umidificatore bisogna accertarsi che già con la carne che inserisci sia sufficiente, troppa umidità non va bene. Il phamerei è sicuramente uno strumento importante, ma non è lo strumento assoluto. Primo step la carne deve formare una sorta di tappo, sbagli quello è puoi evitare di andare avanti con la frollatura. Con questo voglio dire si sì potrebbe ma non trovo garanzie in un frigorifero di casa .
Mi auguro di essere stato esauriente.
Grazie
Ciao
Ciao Lorenzo leggo molto volentieri le tue( lezioni) molto istrutive complimenti molto preparato
Grazie mille
Salve Lorenzo premetto che abbiamo un ristorante e stiamo per acquistare una cella di frollatura a secco e oltre a poche nozioni ci consideriamo dei pivelli in materia.
La nostra intenzione è quella di acquistare le lombate di manzo di scottona farle frollare x 30 giorni con temperatura di 2gradi umidità del 75 (cosa ne pensi) ? Poi intendiamo porzionarla ma per la conservazione secondo te è il caso di metterla sottovuoto e soprattutto quanto tempo possiamo tenerla in cella ? Ti ringrazio in anticipo e ti saluto
Ciao, DArti un tempo in frollatura è impossibile, tanto dipende dalle lombate, quantità di grasso, metodo di allevamento, alimentazione ecc… Sicuramente ci saranno lombate che dopo 30 giorni saranno mature e quindi dovrai metterle sottovuoto o tenere in una cella con poca umidità e temperatura bassa 0-2.
buongiorno Lorenzo, ho letto di un metodo (utilizzato negli USA) di irrorazione della carne bovina con acido lattico che sembrerebbe favorire i processi di frollatura della carne e ridurre lo sviluppo di possibili contaminanti grazie all’ambiente acido. E’ vero ? Ci sono delle contro indicazioni ? E’ sicuro x la nostra salute ? E’ ammesso questo metodo nella UE ?
Ciao. Le iniezioni di acido lattico servono per mantenere la carne per tempi prolungati dentro al sottovuoto. Sicurezza sulla salute si. Grande acidità della carne che snatura il gusto originale. Odore all’apertura del sottovuoto pessimo.
Ciao volevo chiederti se la cella di frollatura deve essere con un evaporatore statico oppure occorre una leggera ventilazione specie quando parte l ‘umidificazione , e se temperatura e umidità sono uguali dal primo giorno all’ultimo grazie
Ciao. La cella di frollatura ha un picolola ventilazione per il ricambio d’aria. Umidità e freddo possono variare durante le fasi di frollatura